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Immagine tratta da: www.donnamoderna.com
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Siamo cresciuti come
due neonati mangioni e dormiglioni, e io, da adulta, pensavo che anche i miei
figli sarebbero stati così.
Pensando a dove
partorire mi scelsi un ospedale abbastanza rinomato per il sostegno
all’allattamento al seno, sicura di poter trovare un aiuto adeguato per
l’inizio di questa avventura.
Quando nacque la
prima bibinda fu un fulmine a ciel sereno: una gravidanza perfetta, nessun
problema...e la rottura delle acque in piena notte, con parto spontaneo a 34
settimane di gravidanza. Era troppo piccola per riuscire ad attaccarsi e quindi
le infermiere mi spiegarono l’importanza di stimolare il seno per favorire la
montata lattea, oltre che aiutarmi a provare ad attaccare la bambina in ogni
occasione . Così feci: ore al tiralatte (prima in ospedale e poi a casa) e
continui tentativi con ogni metodo: dal biberon con tettarella adatta a
utilizzo del sondino con il dito…ogni pasto o quasi era una lotta con la bimba.
La cosa andò avanti per due mesi, ma niente, lei non si attaccava. Il mio
morale era a terra: alcune mie amiche avevano i loro bebè e allattavano senza
il minimo problema; desideravo solo allattare e invece non potevo farlo. Persi
del tutto le speranze quando l’infermiera del consultorio, dopo parecchio
tempo, capì che ormai la bambina non avrebbe più ciucciato perché metteva male
la lingua. A quel punto mi misi il cuore in pace, continuai a tirare il latte finchè
ne veniva e ad un certo punto smisi. Mi ripromisi quindi di fare tutto il
possibile per allattare il prossimo figlio.
Ovviamente la
seconda gravidanza andò benissimo; mille precauzioni per non rifare un parto
prematuro e la seconda bibinda nacque a 38 settimane. Pensai di essere a posto
ma anche questa volta mi sbagliavo: non voleva la tetta, girava la testa e non
apriva la bocca. Tre settimane di tentativi, tirare il latte per non perderlo,
biberon, ma alla fine si attaccò! Ero felicissima, pensavo che da lì in poi
sarebbe stata tutta in discesa. Avevo in testa i discorsi di mia madre: io da
piccola che mangiavo e dormivo, le pause ogni tre ore, il bebè che dorme tra un
pasto e l’altro…e invece no: tetta a tutte le ore, mai un orario, urli e pianti
che non sapevo interpretare....l’estate a casa dei miei e mia madre che
continuava a dirmi che non mangiava abbastanza,
che era impossibile che volesse la tetta così spesso e dormisse così
poco e di darle una giunta...insomma, uno stress infinito e liti continue. Per
fortuna avevo il sostegno di mio marito, che però con l’allattamento poteva
fare ben poco. Ero così stressata che quell'estate mi presi la
"bocca-mani-piedi" senza contagiare le bimbe! In ogni caso a furia di
tener duro riuscii ad allattare per 14 mesi. Certo a 6 mesi iniziai lo
svezzamento, ma la bambina amava la mia tetta…non potevo togliergliela! Piano
piano divenne più regolare e alla fine lei stessa rifiutò quell’ultima
ciucciata serale che faceva. E così smisi.
Ora sono in ballo
con il piccolo: con lui la gravidanza meno bella, nausee, una brutta ritenzione
e a metà gravidanza l’ipertensione. Oltre a scoprire che era podalico e sperare
che si girasse. Quindi, invece di godermi l’ultimo trimestre in santa pace a
fare tutta una serie di cose che avevo in programma, mi ritrovai di nuovo con
la paura di un parto prematuro, la terapia antiipertensiva e fare le macumbe
per evitare un cesareo. Alla fine il bimbo non si girò: provai perfino il
rivolgimento dall’esterno, ma il ginecologo mi aveva avvertita: o si girava subito
o non l’avrebbe fatto proprio. E così fu: niente rivolgimento e parto
programmato a quasi 40 settimane. E il piccolo, frettoloso pure lui, nacque a
38 settimane, ovviamente con un cesareo.
Io pensai finalmente
di prendermi la mia rivincita: attaccarlo subito e allattare bene, come tutte.
Ma niente nemmeno qui! Il bimbo, da podalico, aveva assunto una posizione
viziata della testa, che gli aveva storto il mento. La presa al capezzolo era
buona , ma non riusciva a tirare . Fui dimessa con un biberon in mano, un
appuntamento al consultorio dopo 15 giorni e tanti saluti. E qui viene la parte
polemica del mio racconto: l’ospedale dove ho partorito i miei tre figli è
sempre lo stesso, quello famoso per l’allattamento. Peccato che negli anni tra
la seconda e l’ultimo figlio, tre in tutto, è peggiorato talmente tanto che
invece di aiutare, le infermiere ti mettono i bastoni tra le ruote. Le stesse
persone che tre anni fa mi svegliavano di notte per dirmi di tirare il latte
ora mi dicevano di rassegnarmi, che era il terzo figlio e non avevo tempo per
dargli la tetta, di usare il biberon! Non ci potevo credere! Visto che sapevo bene
come si doveva gestire l’allattamento in una situazione difficoltosa, ero io
che andavo alla sala del tiralatte ogni tre ore a chiedere di tirare il latte
per stimolare il seno, ero io che insistevo perché non dessero glucosate o
biberon al bimbo e usassero il sondino al dito, e io che, allibita, assistevo a
come le mie compagne di stanza fossero abbandonate a se stesse (e non si
fidavano dei miei consigli, in quanto mamma e non infermiera).
Purtroppo, dopo
tutti e tre i parti, io ho subito un po’ di depressione…in ospedale quindi ero
in balia degli eventi, senza il minimo di grinta e con la lacrima facile. Ma
mentre per la prima figlia fui assistita e incoraggiata anche da una pediatra,
per l’ultimo mi è stato detto di aggiustarmi e di rassegnarmi. Potete
immaginare con che morale tornai a casa. Oltre tutto dovevo far fare
fisioterapia al bambino. Era urgente perché non doveva continuare a tenere male
la testa e così, pensando di fare bene, tiravo il latte, glielo davo con il
biberon e poi, dopo qualche giorno, credendo che si attaccasse bene, passai
direttamente alla tetta. Dopo 15 giorni dalle dimissioni andai al consultorio:
pesarono il bambino e…non era cresciuto niente! In pratica continuava ad
attaccarsi male, benino con un paracapezzoli, ma a non tirare e così dimagriva! Avevo quasi
perso il latte perché il seno non era stimolato. E così di nuovo la solita
storia: noleggio di tiralatte, stimolo ogni tre ore, anche di notte,
integrazione alla tetta con latte tirato…insomma, erano i giorni delle ultime
vacanze di Natale. Mentalmente gli diedi tempo fino all’Epifania. Mio marito
era in casa e poteva aiutarmi, poi avrebbe ripreso a lavorare e io avevo anche
le altre due bibinde. Ma alla fine il piccolo ce la fece e si attaccò bene!
Quindi passai i suoi primi tre mesi di vita tra fisioterapista e consultorio,
con un giro finale dall’osteopata che
risolse molti problemi al bimbo.
A 5 mesi e mezzo
però il piccolo era piccolo. Molto nervoso, molto curioso verso il cibo…era
cresciuto male a causa di continui rigurgiti, così iniziai a svezzarlo…e da
quel momento è “esploso”.
Continuo ad
allattarlo, anche tanto: non avendo mai voluto un ciuccio, l’unico modo che ho
per calmarlo, in certi momenti, è il seno. Per non parlare della notte, che è
tutta sua. Mi sveglia 3-4 volte e ciuccia di gusto. In questi giorni ciuccia
così tanto che mi ha ingorgato un seno…stavo per correre al consultorio, ma poi
me la sono cavata, tra impacchi caldi e attacco a rugby. Non so per quanto
allatterò. Sicuramente almeno fino al suo primo anno. Proverò a dargli il latte
vaccino, ma con molta calma. In famiglia non tutti lo digeriscono e quindi non
insisterò…certo che però se mi berrà un bel biberon di latte di sicuro non
glielo negherò. Visto come sta andando credo che andrò ben oltre il primo anno….ma
non faccio previsioni.
Pubblico le mie
storie perché forse possono servire come incoraggiamento a qualche mamma.
L’allattamento per me è stato tutto tranne che facile. Sono convinta che se
parte bene fin da subito è la cosa più liscia e semplice del mondo, ma se
inizia male è molto facile scoraggiarsi e smettere. E’ faticoso come e più di
un lavoro, bisogna avere un aiuto esperto, sostegno morale, ma soprattutto
tanta voglia di allattare. Ho anche conosciuto l’approccio della lega del
latte, ma non mi è piaciuto: troppo oltranzista, troppo esagerato…non fa per
me. Ma è vero che se si vuole allattare e si hanno problemi, un po’ esagerati
bisogna essere…nell’insistere a provare, nel non demordere, nel volerlo a tutti
i costi. Ovviamente a misura di ciascuno: io per esempio ho allattato a letto
per necessità, ma è una cosa che non mi piace. Scomodo per me, mio marito e per
il menage generale della nostra famiglia. Non lo consiglio a nessuno, ma
ovviamente a chi piace farlo lo faccia.
Sono amareggiata per
come è andata all’ospedale: una struttura pubblica che funzionava in qualcosa
in pochi anni è degenerata. Vive di rendita per la fama che ha, ma in pochi anni
sarà come tutti gli altri ospedali. Per fortuna il consultorio funziona ancora
bene, ma si ritrova a dover tappare le falle dell’ospedale. La pediatra di base
dei miei bimbi ha voluto sapere nei dettagli com’era andata: sapeva di questo
decadimento e voleva altre conferme. Dispiaciuta pure lei, perché per una serie
di motivi (che so, ma non sto a spiegare), ora non sa dove indirizzare le
partorienti che vogliono allattare.
Finisco qui il mio
lungo racconto. Avrei molte considerazioni in più da fare, ma le lascio per un
altro post. Per qualunque informazioni contattatemi pure via mail, sarò felice di approfondire con voi l'argomento!
A presto, Flavia